Le tue relazioni vanno sempre a finire nello stesso modo? Anche se all’inizio pensi che finalmente il partner sia quello giusto, diverso da tutti quelli precedenti, poi ti ritrovi in schemi abituali e in situazioni già vissute?

Ti senti sfortunato e ti chiedi: perché tutte a me?

 

Forse non è una questione di fortuna, ma la ripetizione di scelte non sempre funzionali. Molte volte tutto è legato allo stile di attaccamento che abbiamo “ereditato” da piccoli, in particolare per la terribile accoppiata “ambivalente” e “evitante”.

Al momento sembrano concetti vaghi, ma cerchiamo di spiegarli meglio.

Illuminante, anche per me, è stato il testo “Dimmi chi ami e ti dirò chi sei”, di  Levine e Heller ed edito da TEA.

 

Il testo si rifà alla teoria dell’attaccamento di Bowlby – Ainsworth. La teoria è affascinante e complessa, ma qui ci serve solo per capire che la modalità con cui si è sviluppato, nei nostri primi anni di vita, l’attaccamento con la figura che si prendeva cura primariamente di noi (solitamente la madre, ma può essere anche il papà, una nonna o una zia se siamo cresciuti con altre persone) influisce moltissimo sul tipo di relazione che avremo nel futuro.

Per il bambino piccolo la mamma è “la base sicura”, cioè quella sorta di porto in cui tornare per “caricarsi” di coccole e attenzioni o per farsi consolare in caso di paure o tristezza, o ancora per avere la forza di staccarsi e spiccare il volo per esplorare (nei limiti di un bimbo che comincia a guardare il mondo intorno a sé) il mondo (o semplicemente una stanza sconosciuta).

L’attaccamento con la propria figura di riferimento può avere carattere di sicurezza. Questo incide positivamente sull’autostima del bambino, che da grande sarà probabilmente equilibrato e sceglierà dei partner in grado di stimarlo e di confermare la sua autostima.

Talvolta, qualcosa potrebbe non funzionare perfettamente nella relazione neonato – mamma (ad esempio la mamma può essere molto giovane, o avere alle spalle una famiglia anaffettiva, o soffrire di depressione). In questo caso l’attaccamento si definisce insicuro. Ci sono bambini che hanno imparato a essere autonomi e a contare solo su stessi (si pensi al caso di famiglie numerose o in cui i genitori sono poco presenti per svariate motivazioni). Altri hanno ricevuto attenzioni e coccole in maniera intermittente… a volte la mamma era disponibile e accogliente, altre volte nervosa o preoccupata in altre faccende.

L’inghippo è che se abbiamo imparato a essere insicuri nella prima e forse più importante relazione della  nostra vita, quella con chi ci ha generato, molto probabilmente saremo insicuri anche nelle altre relazioni che avremo da adulti. La relazione mamma-bambino ci dà infatti un forte modello, su chi siamo noi, su come si ama, su quanto è facile (o difficile) essere amati ecc.

Attaccamento adulto sicuro – L’amore sicuro

Le persone che hanno imparato a poter contare su gli altri e sulla presenza della propria base sicura, tendenzialmente, sceglieranno partner di cui ci si può fidare e che li stimeranno, facendoli sentire amati.

Si svilupperanno, quindi, relazioni stabili, poco conflittuali (o comunque se il conflitto è presente, i partner hanno le risorse per affrontarlo in maniera equilibrata), basate sulla fiducia reciproca.

 

Attaccamento adulto evitante/distanziante – L’amore freddo

 

Le persone che da bambini hanno imparato presto a essere autonomi e a badare a se stessi, perché i genitori erano poco attenti alle loro esigenze, da adulti diventano persone altrettanto indipendenti. Temono l’intimità e i sentimenti, perché hanno paura che la loro corazza, costruita in anni di solitudine, possa cadere e farli scoprire vulnerabili. Saranno persone che fuggono dai conflitti e dall’emotività, anche quando è espressa dalle altre persone. Se ne stanno nel loro “giardino zen”, che aprono con fatica e solo quando sentono di potersi affidare senza rischi. La loro filosofia, spesso inconscia è “meglio soli che soffrire” e “posso bastare a me stesso/a”

 

 

Attaccamento adulto ansioso/ambivalente – L’amore “angosciato”

Questo attaccamento si sviluppa in quei bambini che hanno avuto cure e attenzioni a intermittenza. Magari le mamme erano depresse, nervose, assenti per altri problemi e hanno alternato momenti di amore e attenzione, con momenti di disinteresse o nervosismo.

Per queste persone l’amore è, quindi, un continuo ottovolante, fatto di alti e bassi, di momenti di passione e di momenti di sconforto e sofferenza. Se si approcciano a persone tranquille e stabili, pensano quasi che quel sentimento non sia amore, abituati come sono che l’amore debba essere tragico e fatto di forti sentimenti, tra cui anche la sofferenza.

Instaureranno relazioni molto conflittuali, in cui alterneranno l’idealizzazione verso il partner con l’odio profondo o il dramma se il partner non dà loro le attenzioni che si aspettano (le donne di questo genere sono le cosiddette “drama queen”). Giungono a colpevolizzare il partner perché non li/le ama abbastanza e a manipolarlo/a per avere la sua esclusiva dedizione. Hanno bisogno di continue rassicurazioni e temono l’abbandono: per questo vivono in una continua competizione e sono facile preda della gelosia.

Nonostante i conflitti, non riescono tuttavia a mollare la relazione: sentono forte l’abbandono e temono la solitudine. Sentono di valere solo grazie alle conferme e all’affetto dell’altro.

 

La scelta del partner

Le persone con attaccamento sicuro, solitamente, cercano persone con attaccamento altrettanto sicuro, in grado di confermare l’immagine che hanno di sé come di persone degne di affetto.  Le persone con attaccamento insicuro, spesso, scelgono persone che confermano gli schemi e i pensieri abituali. Quindi, nel caso degli “ambivalenti”, i partner di elezione saranno coloro che faranno loro vivere le continue “montagne russe” che caratterizzano, per questi ultimi, le relazioni d’amore

 

 

Lei Insegue, Lui Fugge: l’incastro “imperfetto”

Ed ecco qua la coppia perfetta (o imperfetta). Molto  sovente persone con attaccamento evitante e persone con attaccamento ambivalente (soprattutto femminili) si “riconoscono”, si attraggono e iniziano relazioni conflittuali e distruttive. Le donne ambivalenti cercano rassicurazioni e conferme da una persona che non è abituata a smancerie e che spesso si sente soffocare dalle troppe attenzioni e rivendica i suoi spazi di autonomia. Più lui si allontana e diventa scostante, più lei si sente abbandonata e poco considerata e spazia da stati depressivi a crisi di rabbia. Lei ritrova conferma di una figura di attaccamento scostante e “a intermittenza”, lui, che dietro all’indipendenza ha il terrore di soffrire per amore, trova in lei una persona che, nonostante gli alti e bassi,  difficilmente lo abbandonerà.

 

Morale della favola? Quando si inizia una nuova relazione, a di là della fase di idillio iniziale, è bene fermarsi a riflettere e a prendere consapevolezza su cosa ci attrae davvero dell’altra persona e sul perché abbiamo scelto proprio lui/lei. Ci sono schemi ripetuti nelle nostre storie?

Questo ci consente di porre fondamenta più strutturate per il futuro della relazione.

 

A breve altre info su come si sceglie il partner.

 

 

 

 

 

 

 

 

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